Le vedo e le sento già le truppe dei festanti, che si sbracciano e si abbracciano per condividere una grande gioia: Giampiero Ventura non è più l’allenatore del Torino.
La provvidenziale chiamata del presidente federale Tavecchio ha sbrogliato una matassa che si sarebbe potuta fare intricata. Ma forse i piani erano già stati stesi, tutto era già previsto.
Divertente e surreale sarebbe stato vedere che cosa sarebbe capitato se le cose non fossero filate così lisce, ovvero se Ventura, forte di un rinnovo di contratto fino al 2018, non fosse stato convocato per guidare gli Azzurri. Come se la sarebbe sbrogliata la dirigenza granata, come schiacciata fra incudine e martello? L’incudine di Ventura, dura e dalla parte della ragione, e il martello di una folta parte del popolo tifoso ormai stanco dell’allenatore genovese.
E sì, perché era ormai notorio, e la voce girava da tempo, come il presidente Cairo, spintonato di qua e di là e lui stesso forse stanco di avere al suo fianco il trainer genovese, già avesse gettato l’amo all’ex allenatore del Milan. Come altrettanto parevano fondate, dopo le continue sue incomprensioni con il presidente Berlusconi, le voci che segnalavano Mihajlovic già separato da tempo in casa Milan, con un destino granata segnato ben prima di quanto non sia stato ufficialmente reso noto.

 

I tifosi in genere, e quelli del Torino non fanno eccezione, non solo hanno la memoria corta, ma amano protestare, sollevarsi, fare la voce grossa non fosse che per tener fede, nel gioco delle parti, al loro ruolo, che però dovrebbe essere quello di agire come salutare pungolo nei confronti della dirigenza societaria, piuttosto che concretizzarsi sempre in mugugni, proteste e ripicche non di rado messe in atto quasi a titolo gratuito, per non dire folcloristico.
Così è accaduto nel caso Ventura. Osannato solo qualche momento prima, quando reduce dalla vittoria a Bilbao tutti lo avrebbero confermato a vita; messo in discussione quasi immediatamente dopo; infine apertamente contestato anche in modi non certo simpatici. Lo striscione di commiato anticipato innalzato sugli spalti in una delle ultime gare casalinghe della squadra, ha toccato l’acme della opposizione, il culmine dello psicodramma. Singolare come la solerzia di chi è preposto a far immediatamente ritirare questo genere di oggetti dalle gradinate in questa occasione non abbia dato prova della solita efficace rapidità nell’agire, vale a dire farlo rimuovere. Che la Società fosse d’intesa, pare a questo punto palese.

 

Nel calcio tutto può succedere, macchina impazzita che nessuno, o forse soltanto pochissimi, sono in grado di governare, ma che proprio non possa più ospitare anche soltanto un grammo di buona volontà e di giustizia, di rispetto e di gratitudine, è davvero eccessivo. È vero che le abitudini pallonare del nostro mondo calcistico sono ben distanti da quelle anglosassoni, dove un trainer può persistere anche per decenni presso lo stesso club, ciò non toglie però che spedire a casa un allenatore soltanto perché si è fermato un lustro o perché in cinque anni in uno ha ottenuto meno del progettato, del previsto, è cosa tipicamente italica. Puntare il dito, poi, sulla mancanza di fantasia, sulla incapacità di rinnovare gioco e mentalità, persino sull’antipatia personale del personaggio, sono osservazioni solo in parte vere. A tratti anche in questa stagione sotto tono, il Torino di Ventura è stato brillante, ha espresso un gioco accettabile e, alla fine, lo stesso trainer è diventato più affabile del solito arrivando a scherzare su quelle stesse parole, da lui sovente citate, come crescita, progetto e futuro, che sono state per molti uno dei tanti motivi di contestazione.

 

Ma la cosa è finita in gloria, con soddisfazione di tutti: i tifosi, la Società, il diretto interessato, chi viene a prenderne il posto. E così ora i festanti gruppi degli oppositori si potranno coccolare il nuovo trainer, pronti a stendere tappeti d’occasione e a spendere chissà le lodi, senza ovviamente tenere in conto di quanto lo stesso non sia riuscito a fare nella precedente, recentissima missione milanese, la cui squadra ha deluso assai di più di quanto non abbia, al contrario, fatto quella guidata dal signor Ventura.
Ma così va il mondo, e quello del calcio, nella sua singolarità è davvero tutto e il contrario di tutto.

 


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La rassegna stampa del 5 giugno 2016